L’antico borgo medioevale di Cerillae sorgeva un tempo su un promontorio irto, immerso nella bellezza di un luogo senza confini, a ridosso del mare ruggente e delle scogliere nella Riviera dei Cedri; ma oggi giace invece distrutto e abbandonato. Non resta di tanta memoria che dei ruderi, malinconiche reminiscenze rivolte agli abitanti di Diamante e della moderna Cirella, certo, ma a chiunque vi transiti: un tempo ivi sorgeva una rocca impenetrabile, vigile sentinella del Mar Tirreno, custode del luogo arcano ove mare e cielo s’incontrano.
Cenni storici
Cerillae, Cirella Vecchia, come la chiamano gli abitanti del posto, è ormai una città fantasma, dai perduti viottoli e le case dirupate e malinconiche. Un luogo dall’aspetto irreale, di cui il tempo stesso sembra aver perso memoria. Eppure il borgo, sino a pochi secoli fa, rappresentava un’importante roccaforte militare; arroccata su un colle, si stagliava a protezione della costa contro le incursioni provenienti dal mare. Ancora oggi conserva la parvenza di quel centro fiero e imprendibile, dallo stile normanno-bizantino, che fu un tempo.
I primi insediamenti di Cerillae sono datati a epoche antichissime; l’area fu abitata sin dal paleolitico superiore come testimoniato da alcuni rinvenimenti archeologici. Fu casa degli Ausoni e quindi dei Focesi, ivi giunti giacché la loro patria veniva conquistata dalle armate persiane di Ciro il Grande1. È Plinio il Vecchio a raccontare, infatti di un Portus Parthenius Phocensium nella zona2.
Con i Romani Cirella, all’epoca quindi un fiorente porto sul mare, acquisì lo status di cittadina. Di ciò abbiamo testimonianza negli scritti di Silio Italico, che ne attesta una prima ricostruzione all’indomani della seconda guerra punica3.
“[…] nunc sese ostendere miles Leucosiae e scopulis, nunc, quem Picentia Paesto misit et exhaustae mox Poeno Marte Cerillae”
Silius Italicus, Punica, libro VIII, 575
Sull’evento, tuttavia, data la vaghezza delle informazioni storiche fornite, sussistono due ipotesi entrambe possibili: l’insediamento veniva distrutto da Annibale, in quanto alleato dei romani nella battaglia di Canne del 216 a.C.; oppure fu vittima delle repressioni di Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore poiché insorto a favore degli invasori. Ritroviamo menzionata Cerillae anche in Strabone4, che ci tramanda il suo nome greco Κήριλλοι, e finanche nella Tabula Peutingeriana. Nel 649 è riferito che il borgo Calabrese fosse già sede diocesana, in quanto un Romanus Episcopus Cerellitanus partecipò al sinodo di Papa Martino I5.
L’insediamento di Cirella Vecchia
L’odierna localizzazione di Cirella Vecchia a guardia della vallata risale ai secoli IX-X, ma è difficile determinare il momento con esattezza: rispetto alle fonte storiografiche antiche, quelle riferibili a siffatto periodo appaiono scarne e frammentarie, talvolta sembrano trascendere nel mito. Certo è che gli abitanti di Cerillae, all’epoca sotto il dominio della Calabria bizantina, si trasferirono sul promontorio del monte Carpinoso per proteggersi dalle incursioni marittime dei Saraceni.
Nella terza decade del IX secolo, infatti, gli Arabi saccheggiavano la vicina Cetraro, e appena qualche anno dopo costituivano gli emirati di Tropea ed Amantea. Ad Amantea, in particolare, dal momento della conquista nell’846, veniva costituita una rocca fortificata (Al-Mantiah) da cui dipartivano le incursioni marittime dirette verso i possedimenti bizantini. Il colle del Carpinoso vide così l’erezione di una primitiva fortificazione con torri e di una cinta muraria, che verrà ampliata in epoca sveva.
La peste e il bombardamento
Nonostante la posizione arroccata, nel secolo XVI Cirella Vecchia fu soggetta ancora a numerose scorribande provenienti dal mare. Celebri le incursioni del pirata ottomano Kair ‘el Din il “Barbarossa” nel 1534 e delle flotte di Solimano il Magnifico.
Cirella Vecchia dovette poi fronteggiare la peste del 1656-16586 e il terremoto del marzo 1638 che devastarono la zona. Il borgo medioevale, ormai in decadenza, passò di mano in mano tra differenti famiglie feudali sino a divenire possedimento dei Catalano-Gonzaga.
Nella prima decade del secolo XIX giunse la rovina, definitiva e inaspettata, dal mare, croce e delizia di questo antico borgo. Tra il 1806 e il 1807 le truppe di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, assediarono Cirella Vecchia per sedare una ribellione locale, infliggendo con ogni probabilità già corposi danni. Ivi i francesi stabilirono un presidio a controllo della costa; cosicché quando una flotta della Marina Britannica si trovò a passare di lì (1808?), decise di bombardare la cittadina e la rase al suolo. Non v’era ormai più palazzo che si potesse ricostruire, né torre da riassemblare, e l’antica Cerillae fu abbandonata per sempre. Gli edifici col tempo furono invasi dalla vegetazione, spoliati delle pietre rimaste e saccheggiati; soltanto negli ultimi anni è stata definita una delicata opera di restauro e di recupero archeologico.
I ruderi
Perturbante è la sensazione all’incedere tra i ruderi antichi di Cirella Vecchia, vi si scorge qualcosa di familiare ma ormai estraneo, eterotopo. Si può osservare, tra di essi, ciò che resta del castello cittadino, più volte rimaneggiato nei secoli e ora avvolto dalla vegetazione selvaggia e brulicante. Un tempo si accedeva alla rocca attraverso un’imponente torre d’ingresso, di forma quadrangolare, sul cui fronte è visibile l’originale apertura ad arco. La torre si innalzava su due livelli, di cui permangono tracce nella volta a botte del piano inferiore e nella merlatura dell’alzato.
La Torre Rettangolare e la Torre Cilindrica
Lateralmente s’innalzava un’altra torre ancora, oggi definita “rettangolare”, che conserva parte della superficie dei piani intermedi. Un livello sotterraneo doveva ospitare una cisterna o un magazzino, fatto deducibile dagli ampi fori che sorreggevano il solaio in legno. Il primo piano era, invece, a carattere residenziale; s’intravedono ancora le volte a crociera della copertura. Medesima architettura doveva mostrare la “Torre Cilindrica”, a due livelli, posta sul lato nord-est della cinta muraria, che in età medioevale ospitava forse una piccola cappella di culto.
Le chiese di Cirella Vecchia e il Palazzo del Sovrano
Delle architetture religiose di Cirella Vecchia sopravvivono resti incerti, spazi incompleti da riempire e disegnare con l’immaginazione. Nella chiesa di San Nicola Magno archi a sesto acuto si proiettano verso il cielo, finestre guardano all’infinito dal tozzo campanile, e le murature possenti d’un tempo ammiccano a sentieri sassosi senza più direzioni. L’edificio fu innalzato nel IX-X secolo contestualmente al nucleo abitativo; certamente fu ricostruito in seguito, come tradiscono alcuni indizi stilistici dell’architettura, e forse ospitava affreschi parietali, oggi perduti.
Cirella Vecchia possedeva almeno altri due edifici di culto: di Santa Maria della Neve e della chiesa dell’Annunziata, posta più a valle del promontorio, non vi sono che poche rimanenze murarie.
Un prospetto spettrale è ciò che resta, invece, del Palazzo del Sovrano. Un tempo luogo di potere, si erge oggi stremato come a rimembrare la caducità di tutte le cose.
Il Convento dei frati Minimi di Cirella
A qualche centinaio di metri dall’antico nucleo abitativo di Cirella Vecchia sorge il più recente edificio conventuale dei frati Minimi, risalente al XVI secolo.
Il convento possiede un impianto quadrangolare con una graziosa chiesa, sul lato est, e un chiostro. L’edificio di culto, dedicato a Santa Maria delle Grazie, è a una sola navata, un tempo affrescata con raffigurazioni mariane.
Samuele Corrente Naso
Note
- Erodoto, Storie, 1, 163, 1. ↩︎
- Plinio il Vecchio, Naturalis historia. ↩︎
- Silius Italicus, Punica, libro VIII, 575. ↩︎
- Strabone, Geografia, VI, p. 255. ↩︎
- F. Ughelli, Italia Sacra, Volume VIII, parte II. ↩︎
- Si tratta della ben nota “peste di Napoli“, una delle più devastanti epidemie sino ad allora occorse all’interno del regno. ↩︎